Storia di una valigia!
Miei cari Amici delle Stelle,
oggi desidero parlarvi di una valigia, anzi, più di una.
Dovete sapere che negli anni '70 (anche prima) il must era possedere un set di valigie di vera pelle chiara, con interni similseta muniti di graziose taschine, di diversa grandezza. Dal marroncino al rosso, al grigio, la gamma dei colori era, per l'epoca, notevole, ivi compreso il verde che spaziava dalla gradazione malva a bosco, tutte fornite di cinghie protettive con fibbie dorate.
All'interno non ci stava nulla!
Se si riempivano le tasche interne, non si chiudevano bene; se la pila degli indumenti rigorosamente stirati con l'appretto era più alta del dovuto, non c'era verso, anche sedendosi sopra, di poter far sì che i bottoncini si chiudessero. A coronare il tutto, solitamente, c'era anche un beauty-case, che come ciliegina sulla torta, completava un set decisamente impegnativo.
Per non parlare del rito della stazione e del treno: ad ogni fermata c'era il rischio di ricevere una delle valigie in testa ma la consolazione era data dal fatto che il color aranciato, molto in voga in quel periodo, era in perfetta sintonia con i sedili di pelle dei vagoni, in un insieme kitsch ma indimenticabile.
Quanto tempo è passato da allora!
Ieri sera pensavo a quelle valigie, che abbiamo ancora in garage, da qualche parte: Le abbiamo sempre conservate, perchè la valigia trovo che sia la metafora della nostra esistenza: veniamo al mondo con la nostra valigia di Pianeti che vengono fotografati in Cielo nel momento in cui veniamo alla luce e che ci accompagneranno per tutta la nostra esistenza terrena.
Nella valigia mettiamo quelli che pensiamo essere gli oggetti più importanti, ma anche i ricordi, il nostro passato, un po' come accade con le fotografie.
In questi giorni mi sono rimaste impresse le immagini delle povere persone in fuga dall'Ucraina: nei loro occhi lo smarrimento, e il dolore nel lasciare la loro vita, la casa, i ricordi, le radici, in minuscole valigie preparate con il cuore dolente, all'ultimo istante.
Mi sono chiesta, ma forse anche molti di voi lo hanno fatto: se dovessi preparare in cinque minuti una valigia, sapendo di non tornare più, certamente per molto tempo, in quella che è la mia casa (non solo fisica, ma anche affettiva), che cosa porterei via?
Alla televisione abbiamo visto a più riprese intere famiglie in auto, in coda, in direzione della frontiera; altri hanno camminato per chilometri con la loro valigia, che non hanno mai abbandonato, nonostante la fatica, lo sforzo, la mancanza di acqua e cibo. Perché quel modesto bagaglio è per loro la vita che gli è stata portata via, il ricordo tangibile e indelebile di un'esistenza giunta a un drammatico bivio.
Quando si parte, non sempre si conosce il luogo di destinazione, o quanto potrà essere lungo un viaggio: ebbene, dovete sapere, miei cari Amici, che mi ha davvero commosso vedere, subito dopo la frontiera polacca, al di là delle reti metalliche che separano i profughi da quella che al momento è la loro meta di libertà, gruppi di persone con cartelli in mano. Erano perfetti sconosciuti, che aspettavano coloro che arrivavano, per portarli lontano, in luoghi sicuri con le loro auto. Tutti si sono prodigati, mettendo a disposizione i loro mezzi di trasporto per accompagnare i loro fratelli più sfortunati, lontano dai rischi e dai traumi appena subiti.
La vita è a tratti indecifrabile, ci sottopone a prove dure che lasciano il segno, ma sa al tempo stesso sorprenderci perché troviamo sul nostro cammino perfetti sconosciuti che, con gentilezza e compassione, ci aspettano. Per andare dove, non si sa, per un tragitto breve o lungo, neppure. Un pezzetto di strada percorso insieme, aiutando 'l'altro' a portare la sua valigia dal peso greve del dispiacere, è di esempio per tutti noi.
Buona domenica, con un pensiero alle nostre valigie del cuore che raccolgono noi, chi amiamo, ciò che portiamo a simbolo e ricordo di chi siamo.
Grazia
Torino, 27 Febbraio 2022