A caccia di Granchi, in Cielo!

Situata tra le Stelle del Leone fra le quali troneggia Regolo e quelle dei Gemelli con Castore e Polluce, c’è una regione del cielo oscura e priva di stelle superiori alla quarta grandezza. In questo vuoto si trova una delle più importanti Costellazioni dello Zodiaco, il Cancro, nome latino per granchio o gambero. Per riuscire a trovarla possiamo tracciare una linea immaginaria che partendo da Castore passi per Polluce; prolungandola poco più di due volte troviamo la stella Zeta Tegmen, il Guscio.
Il Cancro è osservabile nel periodo tra dicembre e giugno ma sarà opportuno scegliere notti molto scure con buona visibilità, lontano da centro di polluzione luminosa e, naturalmente, senza luna.

La scelta del granchio o del gambero per rappresentare l’apparente ingresso del Sole in questa parte dello Zodiaco non poteva essere più appropriata, in quanto questi animali hanno uno stile motorio molto particolare: camminano o all’indietro o obliquamente, proprio come fa il Sole quando entra nel Cancro e raggiunge la sua massima declinazione Nord. Allora sembra rimanere stazionario per qualche giorno prima di discendere obliquamente verso il Sud; è il ‘Sole fermo’ del Solstizio estivo.

In Grecia si diceva che Hera aveva posto questo granchio tra le stelle perché aveva addentato un piede di Ercole mentre questi combatteva contro l’Idra nelle paludi Lernee. Più antica di questa leggenda è quella riguardante le stelle centrali dell’asterismo, e cioè Gamma e Delta, fra le quali palpita di un fievole chiarore, l’ammasso stellare del Presepio, appena percepibile ad occhio nudo. Il nome Presepio ci fa pensare subito ad una origine cristiana; il latino Praesepe indica la mangiatoia dove nacque Gesù e da qui prese il nome la rappresentazione scenica di quell’avvenimento, introdotta da San Francesco d’Assisi nel 1223 a Greccio, presso Rieti.
Ritroviamo Presepio già negli scritti di Plinio il Vecchio: ‘Trovansi nel Segno del Cancro due piccole stelle, chiamate Aselli (gli Asini) separate da un piccolo spazio nel quale scorgesi una nebulosa chiamata Praesepia’.

Secondo questa antica tradizione, i due asini sono le stelle Delta e Gamma, ancora oggi chiamate rispettivamente Asellus Australis e Asellus Borealis, mentre Presepe, è l’ammasso stellare chiamato M 44 nei cataloghi moderni. La storia dei due asini fa parte di un episodio della vita di Dioniso, il quale era stato colpito dalla pazzia per volere di Hera, la gelosa moglie di Zeus, nemica di Dioniso in quanto questi era nato da una relazione fra Zeus e Semele (la Luna).

Accompagnato da Sileno, l’antica divinità del vino del Mediterraneo, Dioniso, seguito da satiri e baccanti, errava alla ricerca dell’oracolo di Zeus Dodoneo, l’unico che avrebbe potuto fargli riottenere la ragione perduta. Si racconta che quando arrivò ad una vasta palude due asini si offrirono per il guado e trasportarono il dio (e il suo alter – ego Sileno) sull’altra riva senza toccare l’acqua. Raggiunto il tempio di Zeus Dodoneo e liberato dalla sua pazzia, Dionisio premiò i due asini ponendoli fra le Costellazioni.
L’associazione Sileno – asino, animale sul quale egli era rappresentato in perenne stato di ebbrezza, è un classico dell’iconografia artistica greca, romana e rinascimentale; talvolta Sileno appare in forma ibrida, uomo con orecchie e zampe di asino, come i suoi amici fauni e satiri, uomini con corna e piedi di capra.

L’antichità di Sileno è notevole, esso risale al periodo pre-cereale della zona mediterranea, anteriore all’introduzione della vite, quando il vino veniva fatto con le bacche di mirto cotte nel lebete treppiede; il suo culto fu integrato al culto di Dioniso, che si manifestava nelle tre età: Dioniso bambino, maturo e vecchio. Nella prima era fatto a pezzi dai titani, uccisione che simboleggiava la potatura della vite, la maturità rappresentava Dioniso come l’uva matura al tempo della vendemmia, mentre nella sua ultima manifestazione era Sileno, il vino, lo stato di ebbrezza.

Secondo una storia tramandataci da Eratostene (Catasterismi, II) e da Panyassis (Eraclea), Zeus aveva dichiarato guerra ai giganti e chiamati in suo aiuto tutti gli dei per poterli combattere. Dioniso, Efesto, i satiri e i sileni vennero cavalcando dei somari e questi, spaventati alla vista dei titani, ragliarono così rumorosamente la loro paura che i titani, terrorizzati a loro volta da un suono mai prima udito, indietreggiarono permettendo a Zeus di vincerli; a riconoscimento di questo contributo gli asini furono messi fra le Stelle.

Ma altre metamorfosi sono occorse a queste stelle; in Mesopotamia spesso appariva una tartaruga al posto del granchio, a Creta erano rappresentate dall’Octopous, il Polipo, mentre in Egitto appariva negli Zodiaci di Denderah ed Esne come il dio Khepri, il sacro scarabeo che i sacerdoti di Eliopoli avevano trasformato in divinità solare e più precisamente nell’aspetto mattiniero del Sole: ‘Io sono Khepri al mattino, Ra a mezzogiorno, e Atum alla sera’. Trinità questa sembra richiamare quella di Dioniso.
Khepri era chiamato ‘scarabeo del cuore’ perché, scolpito in pietra, veniva posto sulla mummia in corrispondenza del cuore con incise le formule XXX e LXXX del Libro dei Morti (Boris de RAchewiltz, I Miti Egizi).

Questo rapporto con l’aldilà introduce un’altra popolarissima metamorfosi di questo ‘segno nero’ dello Zodiaco; gli Orfici e i platonici lo avevano denominato ‘Cancello dell’Uomo’, cancello attraverso il quale si credeva che le anime discendessero dal cielo per poi incarnarsi in corpi umani.
Nonostante la varietà di creature scelte a rappresentare questo segno si deve constatare che sono tutti animali molto lenti: il granchio, l’asino, la tartaruga, lo scarabeo, il polipo, tutti sembrano voler raffigurare il rallentamento apparente del Sole quando raggiunge il Cancro.

Nella meteorologia di Omero, Arato e Plinio, l’ammasso di stelle del Presepio era di grande importanza in quanto la sua visibilità era apportatrice di tempo sereno. Diceva Plinio: ‘Se Presepe non è visibile in un cielo sereno è presagio di un violento temporale.’
L’Astronomia cinese aveva localizzato tra le Stelle del Cancro la stazione lunare Kwei, Lo Spettro, e più anticamente Kut, la Nuvola; ambedue si riferivano alla nebulosità del Presepio.

In India indicava la sesta stazione lunare Pushya, il Fiore, raffigurata da una Luna crescente, sulla punta di una freccia, residenza di Brihaspati, il maestro degli dei. Questo fiore ha una strana similarità con l’Astronomia del Perù, dove il Cancro era conosciuto come Cantut Pata, la Terrazza del Cantut, il sacro fiore degli Inca di colore rosso intenso; nei mesi di luglio e di agosto i campi intorno a Cuzco diventano letteralmente rossi di questo fiore.
Il tentativo dell’Astronomo Julius Schiller di cristianizzare le costellazioni aveva trasformato i dodici segni zodiacali nei corrispondenti dodici apostoli di Cristo e Cancro era diventato San Giovanni Evangelista.
Nel 1531 quella che oggi è chiamata la Cometa di Halley comparve nella Costellazione del Cancro.

Giuseppe Maria Sesti, Le Dimore del Cielo, Edizioni Novecento