Gustavo Rol raccontato da Franco Zeffirelli

Nell’appassionante autobiografia di Franco Zeffirelli ci sono molti interessanti riferimenti alla sua amicizia con Gustavo Rol, personaggio esoterico dalle straordinarie capacità di veggenza e contatto con altri mondi. 

Leggiamo ciò che scrive Zeffirelli: 'Gustavo Rol era destinato, infatti, a diventare presto una presenza importante nella mia vita: un amico affezionato e fonte di infiniti consigli. Aveva poteri straordinari, che aprirono la mia mente alla possibilità di scrutare significati e accedere a dimensioni sconosciute di quello che mi era successo. Non c’era niente di particolare in lui, era un uomo semplice, molto colto e intelligente, ma in nessun modo eccezionale. Non era mai solo, molti amici andavano spesso a trovarlo. Viveva in un bell’appartamento, piacevolmente arredato con una gran quantità di pezzi di antiquariato e oggetti di rara qualità, che accuratamente collezionava.

Finivamo di regola in salotto, attorno ad un tavolo rotondo, sotto un bel lampadario. Niente luci misteriose o effettate, anzi, lampade splendenti. Cominciavamo le serate in allegria, con Rol che si divertiva a fare degli incredibili giochi con le carte, per suscitare intorno a noi ‘elettricità positive’, diceva; noi restavamo attoniti e meravigliati come dei bambini.

In una delle mie prime visite mi disse: ‘Scegli una carta dal mazzo’. Un mazzo assolutamente nuovo ancora chiuso nel cellophane. ‘L’asso di picche’, risposi, era la prima carta che mi era venuta in mente. Aprì il mazzo e ogni carta si rivelò un asso di picche. Cinquantadue assi di picche! Non era magia. Le carte erano vere, lucide, nuove di zecca. Altro che divertimento: piombammo tutti in uno stato di meraviglia, quasi di panico.
Sembrava che il segreto di Rol fosse quello di riattivare nel suo cervello le ‘cellule dormienti’ di cui tutti disponiamo, ma che ormai non sappiamo più usare.

Rol avvertiva il pericolo con una sensibilità particolare. Ricordo una volta che stavo nuotando nel mare, a Positano. Alì, il mio cuoco, venne a sgridarmi che c’era una chiamata urgente da parte di un certo signor Rolli. Uscii all’istante dall’acqua e arrivati trafelato al telefono, ma la comunicazione era caduta e, benché cercassi di richiamare Roll, non riuscii a raggiungerlo. Passai il resto della giornata in uno stato insostenibile di ansia, finchè la sera tardi non riuscii finalmente a rintracciarlo. Ero impaziente di sapere. Rol sembrò meravigliarsi della mia agitazione, e candidamente mi disse che non era successo nulla. ‘Ma poteva succedere’ aggiunse dopo un momento di riflessione. E mi spiegò di avere avvertito un grande pericolo per me, ma che il quadro poi si era ricomposto da solo. Niente di cui preoccuparsi, insomma. Alcuni anni più tardi andai a trovare Rol perché volevo parlargli di Luchino (Visconti), scomparso da poco tempo. Avevo molto bisogno dei suoi consigli in quel momento così difficile per la mia vita privata. Quella sera eravamo in sei attorno al tavolo. Rol diede a ciascuno di noi un foglio di carta bianca, e ci chiese di piegarlo in quattro parti e metterlo poi in tasca. Prese una penna e si mise a scrivere febbrilmente su un foglio che aveva davanti, ma senza neppure sfiorarlo: scriveva nell’aria.
Intanto mi esortava a non smettere di pensare a quello che volevo domandare a Luchino, a quello che volevo sapere da lui. Alla fine di questa strana operazione, che lasciò tutti interdetti, ci chiese di tirar fuori i nostri fogli e di aprirli. I fogli degli altri erano ancora vergini come quando li avevano messi in tasca. Il mio, invece, era riempito da uno scritto di Luchino. Riconobbi la calligrafia: era inconfondibilmente la sua; mi era fin troppo familiare.

Un’altra caratteristica delle lettere che scriveva Luchino era che spesso non gli bastava la carta e, arrivato in fondo, aveva l’abitudine di girare il foglio e continuare a scrivere sui margini. Poi, c’era la sua consuetudine di sottolineare certe parole per evidenziarne il significato. Non c’era alcun dubbio: quella lettera era stata scritta di suo pugno.
Anche ciò che mi scriveva era pieno di dettagli privati che solo io e lui potevamo conoscere. Rimasi senza fiato, confuso e allo stesso tempo consolato. La lettera di Luchino era colma di affetto e di comprensione per i miei problemi. E anche di una sorta di gioia nel poter comunicare con me. Il meraviglioso messaggio di uno spirito che era in pace, sereno, come di rado avevo sentito in Luchino: in quella lettera c’era il suo migliore ‘Io’, il suo miglior ‘essere’. Non avevo mai capito quanto bene mi avesse voluto finchè non lessi quella lettera.
Quella storia della lettera… La lessi e la rilessi, la ripiegai poi gelosamente e feci per metterla in tasca. Ma Rol mi fermò e mi disse: ‘No, non posso permetterglielo. La legga di nuovo, la impari a memoria. Io devo distruggerla.’
Non poteva lasciare i documenti dei suoi prodigi. La stessa sorte toccava anche ai suoi quadri, talvolta bellissimi, che realizzava durante le sedute partendo dalla tela bianca, in uno stato di totale concentrazione. Ne ricordo uno di Chagall, uno di Picasso… E’ incredibile quello che poteva fare.

La ragione per cui in un primo tempo avevo esitato a contattare Rol, era un episodio capitato a Federico Fellini, che avevo trovato piuttosto inquietante. Rol aveva consigliato a Fellini di abbandonare il progetto del film al quale stava lavorando, Il Viaggio di Mastorna, una rielaborazione, al modo di Fellini, dell’Inferno dantesco. ‘Non lo fare, accantonalo, almeno per ora. Potrebbe essere l’ultimo film della tua vita’. Lo aveva accoratamente avvisato Rol. ‘Non chiedermi il perché, ma so che non lo devi fare.’
La produzione però era già stata avviata, perfino il set già in costruzione. Fellini, impressionato dalle parole di Rol, era sempre meno convinto di voler continuare la preparazione di quel film. Al punto che incominciò realmente a sentirsi male. Dovettero ricoverarlo e gli esami clinici accertarono che aveva una massa di tessuti cancerosi nello stomaco. ‘Devi subito lasciar perdere quel film’ insisteva Rol al telefono. Finalmente riuscì a convincerlo. Dal momento in cui Fellini annunciò pubblicamente di dover rinunciare al film (non ricordo cosa diavolo inventò) cominciò a stare meglio. E gli esami radiologici dimostrarono un evidente miglioramento finchè, in un paio di settimane, il tumore era praticamente scomparso.

Il produttore Dino De Laurentiis, che era un uomo di poche parole ma di molti fatti, si infuriò, e fece causa a Fellini con feroce accanimento, cercando di screditare il regista con l’affermazione che i raggi X originali, da cui risultava il male, erano di qualcun altro; un trucco infame, sosteneva De Laurentiis. I medici erano sorpresi quanto lui, e non seppero spiegare il mistero della scomparsa del tumore. Le lastre però erano lì, a dimostrare che il tumore era realmente esistito e poi era scomparso. E le lastre, fu dimostrato, erano di Federico Fellini e non di qualcun altro. Ma De Laurentiis non volle sentir ragioni, e vinse la causa portando via quasi tutto quello che Federico possedeva, cominciando con la bella e amatissima casa di Fregene.

Ricordo quella volta ch Rol mi telefonò a Positano mentre nuotavo nel mare, perché aveva sentito che ero in pericolo, che stava per accadermi qualcosa. Avrei potuto battere la testa contro uno scoglio, annegare. Quel tipo di premonizione che hanno alcuni, quell’insolito potere di leggere tutto quello che abbiamo intorno a noi, si spiega con il principio che nella nostra vita tutto è già li. Non accade: è. Dalla nascita alla morte, tutto quello che ci accade è già deciso, già scritto. Madre Teresa semplificava, rendeva ogni cosa straordinariamente accessibile e chiara. Noi, qui, siamo insieme in un presente oltre il tempo e lo spazio. La morte non è la fine di nulla, ma la continuazione del processo che esisteva già prima del concepimento.

Franco Zeffirelli
Autobiografia
Arnaldo Mondadori Editore

 

 

Carta del Cielo di Gustavo Rol

Nato il 20 Giugno 1903 a Torino, Ore 12