Affinità celesti in giardino!
Lunedì 11 aprile.
Il primo, insistente cuculo è finalmente arrivato in giardino, puntuale come tutti gli anni.
Lo si sente lontano e poi immediatamente più vicino: vuole essere ben sicuro di stupire. Questa primavera le rondini sono state pochissime, purtroppo sempre più rare e minacciate, mentre per il 20 del mese, come tutti gli anni, dai tropici africani sono attesi gli usignoli. Li aspetto con tanta gioia e un po’ d’ansia: ritorneranno? Nell’orto, tra i vecchi muri e ai bordi della vasca, lucertole, rane e salamandre hanno da qualche giorno fatto il loro annuale outing e lentamente, ma ahimè inesorabilmente, si sono risvegliate anche chiocciole e lumache…
In questo momento il giardino (con alcune vistose eccezioni, glicini in testa) è soprattutto fatto di piccole cose, di presenze discrete, vegetali e animali, di un brulicare frenetico ma ancora sommesso e leggero. A cominciare dai sottoboschi, punteggiati in ordine sparso di pervinche, di violette e delle bellissime fioriture viola porpora della lunaria, erba per nostra fortuna spontanea e comunissima, a dispetto del nome un po’ aulico con cui viene normalmente chiamata, quello di ‘medaglia del Papa’. Altrove in Europa è conosciuta come ‘moneta di Giuda’, a ricordo dei trenta fatali denari, e l’allusione al soldo d’argento, questa volta priva di qualsiasi simbolismo, ritorna al di là dell’Oceano.
E’ raro, ma ogni tanto capita, che il nome più poetico di tutti sia proprio quello scientifico, Lunaria annua, nome evidentemente antichissimo e che Linneo si limitò a confermare: le tonde silique che ne contengono i semi, rose diafane e argentee dal calore dell’estate, assomigliano a tante lune piene. E come non ricordare a fianco della luna, quasi fossimo in un cantico floreale, quell’erba che cresce ovunque infestante e che ha il nome di Stellaria media, per la forma a stella dei fiori, piccolissimi e bianchi. Fiori che sbocciano ininterrottamente tutto l’anno e che veloci si chiudono su se stessi in caso di pioggia o durante la notte.
In Piemonte è detta ‘erba papaverina’ o ‘pavarogna’, e un po’ ovunque, al di qua e al di là delle Alpi, ‘centocchio degli uccelli’, perché amatissima da tutti i volatili, galli, galline, anatre, oche in testa. Pare infatti che un tempo fosse addirittura venduta sui banchi dei mercati di Francia, come ghiotto diversivo per gli uccelli allevati in voliera. Senz’altro invasiva, la Stellaria ha radici deboli e leggere, che vengon via facilmente, e perciò potrebbe essere una buona idea coltivarla insieme ad erbacce in primavera per offrire ombra ai germogli, in estate, sradicata, a mo’ di casalingo e povero sovescio, un po’ di humus al terreno…
Ma se la Stellaria si accontenta di suoli poveri, preferibilmente alcalini e assolati, la Lunaria ama invece l’ombra alta e leggera e terreni di foglie sfatte, freschi e umili. Circa la moltiplicazione nulla quaestio per la prima (i semi si conservano anche anni nel terreno e basta un po’ di calore perché germoglino), mentre la seconda, è bene seminarla in giugno, o in tarda estate e sarebbe meglio farlo già nel posto definitivo, perché le sue radici carnose, fiottanti e delicate non amano il trapianto. La L. annua è la più comune ed anche la più bella e nonostante il nome è in realtà una specie biennale (anzi, a volte anche qualcosa in più): ha foglie larghe e cuoriformi e fiori viola intenso o bianchi, ma ne esiste anche una rara e ricercata varietà, molto poco comune in Italia ma molto diffusa nei giardini inglesi, a fiori color malva e foglia marginata di bianco, la L.a. Corcyrensis, originaria dell’isola di Corfù.
Sulle nostre Alpi ed Appennini cresce selvatica anche la Lunaria rediviva, perenne con piccoli fiori lilla che di notte profumano intensamente e con delle belle ‘monete del Papa’ di forma ovale, meno appariscenti ma comunque eleganti e simili per forma e dimensioni alle note lenti del Conte di Cavour, e che un tempo, come d’altronde quelle della Lunaria annua, venivano raccolte e fatte seccare per decorare le case nelle lunghe giornate invernali ed erano forse la più nota delle composizioni di fiori secchi tanto alla moda nell’Ottocento. Lunarie e stellarie: due semplicissime e comuni piante accomunate in questo caso dallo stesso periodo di fioritura e soprattutto da celesti e sistematiche affinità…
Paolo Pejrone, La Stampa, Venerdì 15 aprile 2016