Melusina, fata diabolica!

Il mondo immaginario sembra riflettere il mondo terrestre che, secondo Georges Duby, sarebbe stato essenzialmente un ‘Medioevo maschio’.
Eppure le donne, certe donne almeno, non solo hanno goduto di prestigio sociale, non solo hanno esercitato un potere importante, ma, per quanto riguarda l’immaginario, la donna medievale – il più delle volte attraverso la coppia, è vero – vi è assai presente; e non va dimenticato che il Medioevo è stato il periodo in cui in Europa il cristianesimo ha imposto l’immagine onnipotente di una donna: la Vergine Maria.

Melusina appartiene ad un altro gruppo interessante di esseri di sesso femminile del Medioevo, quello delle fate. Le fate – come attestato da fonti altomedievali – erano considerate all’epoca le discendenti delle antiche Parche e il loro nome tardo latino, fatae, indica il legame con il destino (fatum); esse a poco a poco sono state integrate nell’immaginario cristiano, che le ha distinte in buone e cattive. Se le fate medievali sono essenzialmente artefici di magie benefiche o malefiche per gli uomini, la loro azione nella società si esercita il più delle volte attraverso l’intermediazione di una coppia. Melusina, in particolare, è stata strettamente collegata alla concezione e alle varie manifestazioni del linguaggio del Medioevo. Ma la complessità della maggior parte delle fate, e in particolare di Melusina, ha giustificato un’immagine contrastata se non addirittura contraddittoria della donna e della coppia del Medioevo. Le stesse donne, le stesse coppie sono gli eroi sia nel bene che nel male e le protagoniste di storie allo stesso tempo meravigliosamente belle e meravigliosamente orribili. Melusina, più di ogni altro personaggio mitico, è la dimostrazione che nessun essere umano è interamente buono o interamente cattivo.

Il personaggio di Melusina appare nella letteratura del Medioevo, latina e poi volgare, nel XII e all’inizio del XIII secolo, Tra l’inizio del XIII secolo e la fine del XIV, questa donna-fata prenderà a poco a poco preferibilmente il nome di Melusina, che la collega a una grande famiglia signorile della Francia occidentale, i Lusignano. Nella sua opera, non certo benevola verso la corte di Enrico II d’Inghilterra, il De nugis curialium, il chierico Gualtiero Map racconta la storia del giovane signore Henno dai grandi denti. Questi incontra, in una foresta della Normandia, una fanciulla, assai bella nei suoi abiti regali, che piange. Ella gli confida di essere scampata al naufragio di una nave che la conduceva dal re di Francia, con il quale doveva sposarsi. Henno e la bella sconosciuta si innamorarono, si sposano e lei gli dà una bellissima prole. Ma la madre di Henno nota che la giovane, che finge di essere devota, evita l’inizio e la fine delle messe, disertando in particolare l’aspersione dell’acqua santa e la comunione.
Insospettita, fa un foro nella camera della nuora e la sorprende mentre, in forma di drago, fa il bagno per poi riprendere le sembianze umane. Messo al corrente da sua madre, Henno conduce sua moglie da un sacerdote, che la asperge con acqua benedetta. Lei balza attraverso il tetto e sparisce nell’aria cacciando un grande urlo. Di Henno e della sua donna-drago esisteva, ancora all’epoca di Gualtiero Map, una numerosa discendenza.
In un’altra nota opera, gli Otia imperialia (inizi del XIII secolo), il chierico inglese Gervasio di Tilbury racconta la storia di Raimondo, signore del castello Rousser, che incontra sulle rive di un fiume, vicino ad Aix-en Provence, una bella dama, magnificamente abbigliata, che lo chiama per nome e alla fine lo sposa, a patto che egli non cerchi mai di vederla nuda, nel qual caso perderebbe tutta la prosperità materiale che lei gli procurerà.
La coppia è felice, diviene ricca, gode di eccellente salute, ha numerosi bei bambini. Ma, curioso, Raimondo un giorno strappa la tenda dietro la quale la moglie prende il bagno nella sua stanza. La bella sposa si trasforma in serpente e sparisce per sempre nell’acqua della vasca. Solo le nutrici la sentono quando di notte ritorna, inosservata, per vedere i suoi piccoli. Quando la storia sarà ripresa, il più delle volte si mostrerà Melusina, come attestato dall’iconografia, nell’atto di fuggire dalla finestra o dal tetto in forma di drago alato e mentre torna di notte, in forma visibile, per contemplare i suoi bambini.
La vicenda parla fondamentalmente della trasgressione di un in interdetto. Si pensi che la più antica eroina di una leggenda soprannaturale, che sposa un mortale a determinate condizioni e che il giorno in cui il patto viene violato sparisce per sempre, si incontra nella mitologia indoeuropea nella persona della ninfa Urvasi.
Ma al di là di questo simbolismo del tradimento, tasto particolarmente sensibile in una società feudale basata sulla fedeltà, l’aspetto significativo della storia mi sembra risiedere nella rivelazione del carattere originariamente e fondamentalmente diabolico – perché è ben questo il significato del drago e del serpente – di questa donna-animale che diviene sposa e madre.

In particolare, il mito di Melusina propone una spiegazione terribilmente ambigua del successo nella società feudale. Ciò che Melusina porta al suo sposo mortale è la prosperità e la ricchezza, nelle forme che l’Occidente conobbe tra il XII e il XIII secolo: disboscamento di selve e soprattutto costruzione di castelli, città e ponti. E allo stesso tempo ella incarna, in quanto straordinaria procreatrice, la grande spinta demografica dell’epoca. E’ la fata della feudalità. La sua immagine sembra soprattutto positiva: è buona, attiva e in definitiva infelice suo malgrado, infelice perché tradita. Ma gli uomini del Medioevo era sensibili alla sua origine diabolica e vedevano in lei una sorta di Eva non redenta.
Una grande famiglia regale e feudale, i Plantageneti, conti d’Angiò, divenuti Re d’Inghilterra nel XII secolo, ha incarnato, agli occhi degli uomini medievali il lignaggio eleusiniano, potente e diabolico, sempre pronto al disaccordo e al conflitto interno: re, regine e figli, in continua, reciproca lotta. E il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, secondo Giraldo di Barri all’inizio del XIII secolo, avrebbe replicato a coloro che si stupivano per questi dissensi interni: ‘Come potremmo fare altrimenti? Non siamo forse i figli della Diavola? ’
Nel XIV secolo, la struttura delle storia di Melusina è già ben definita nei suoi tre momenti fondamentali: una fata sposa un mortale imponendogli il rispetto di un interdetto; la coppia gode di una splendida prosperità per tutto il tempo in cui lo sposo mantiene la parola data; il patto viene violato: la fata scompare e con lei la prosperità che aveva portato in dote.

Melusina è dunque, secondo la classificazione di Laurence Harf-Lancner, il prototipo delle fate amanti portatrici di felicità, contrapposta a Morgana, rappresentante di quelle fate che trascinano nell’altro mondo il proprio amante o sposo umano, le fate dell’infelicità. Ma, come si è visto, la felicità melusiniana non si libera completamente dal male originale e la natura di Melusina ha sempre un che di ibrido, tra essere umano e animale diabolico.
Alla fine del XIV secolo, in una particolare congiuntura, si colloca un grande momento della storia della nostra eroina. Le vengono dedicati due romanzi, quello dello scrittore Jean d’Arras, in prosa, scritto per il duca Jean de Berry e per sua sorella Marie, duchessa di Bar, e uno in versi, composto dal libraio Coudrette.
La trama del romanzo prende avvio dalla trasgressione dell’interdetto e dunque dalla malvagità.
La madre di Melusina, Presina, aveva fatto giurare al suo sposo Elinas, re d’Albania (cioè di Scozia), da lei incontrato in una foresta durante una battuta di caccia, di non assistere ai suoi parti. Ma Elinas viola il giuramento e Presina, dopo aver messo al mondo tre figlie – Melusina, Melior e Palestina -, sparisce e si ritira con esse nell’isola di Avalon. Compiuti quindici anni di età, le ragazze vengono a sapere del tradimento paterno e per punire il genitore lo rinchiudono in una montagna, ma sono a loro volta punite per tale castigo che non avevano diritto di infliggere al proprio padre.

La punizione di Melusina è quella di trasformarsi in serpente ogni sabato. Sposando un mortale, diverrà anch’ella mortale e suo marito dovesse vederla nella forma che assume di sabato, tornerà al suo tormento. Melusina incontra alla fine Raimondino, figlio del conte di Forez, che ha appena ucciso lo zio, il conte di Poitiers, durante una caccia al cinghiale. Melusina gli promette di risparmiargli le conseguenze di quell’incidente criminoso e di dargli felicità, ricchezza e prole abbondante, se la sposa. Ma egli deve giurare di non cercare mai di vederla di sabato. Sposata a Raimondino, Melusina disbosca foreste, costruisce città e castelli, a cominciare dal castello di Lusignano. Essi hanno dieci figli che divengono re potenti, ma tutti con una tara fisica: una macchia sul corpo, un marchio animalesco.
Nella letteratura e nell’immaginario germanici, si sviluppa un pendant maschile di Melusina. E’ il Cavaliere del Cigno, personaggio soprannaturale venuto dall’acqua, che sposa una mortale a cui ha fatto giurare di rispettare un interdetto, da lei poi infranto, e che infine la lascia per sempre; è il prototipo di un personaggio a cui Wagner darà grande risonanza: Lohengrin.

Il grande successo europeo di Melusina è frutto della traduzione tedesca del romando di Coudrette fatta nel 1456 da un alto funzionario di Berna, Thuring von Ringoltingen. Questa traduzione ebbe subito un grande successo grazie alla stampa (se ne conoscono undici incunabuli, di cui sette sono giunti fino a noi) e al commercio ambulante. Tuttavia, l’ancoraggio terreno di Melusina in Occidente sparisce nel XVI secolo. Centro della resistenza signorile contro il potere regio nel corso delle guerre di religione, il castello di Lusignano fu demolito da Enrico III nel 1575, e la torre Melusina, che era sopravvissuta, fu a sua volta rasa al suolo nel 1622. Essa ancora sussiste nella leggenda e nell’ammirevole miniatura delle Très Riches Heures du duc de Berry.
Anche Melusina ha beneficiato della rinascita romantica del Medioevo. La sua espressione più notevole e, più ancora che l’adattamento di Tieck del 1820, l’abbozzo di adattamento intrapreso con molta passione da Achim von Arnim e che resterà incompiuto dopo la sua morte nel 1831.
La leggenda di Melusina si avvantaggiò, nei secoli XIX e XX, delle somiglianze con il mito di una fata acquatica che ebbe grande successo: Ondina. All’Undine di La Motte-Forqué (1811) si aggiungerà, all’inizio del XX secolo, la commedia di Jean Giarudoux, sempre sensibile allo charme delle leggende germaniche. Ciò che unisce Ondina e Melusina è il mito dell’acqua. Ma Melusina è un’eroina cosmica, ben più ampiamente legata alla natura. Eroina acquatica, sì, ma anche silvestre e, grazie alle sue ali da drago e ai suoi voli notturni, fata celeste.
In epoca moderna e contemporanea, una vena poetica, da Nerval a Beaudelaire ad André Breton, continua a dare eco alle ‘grida della fata’ medievale. Melusina, madre e amante, ossessiona l’Arcane 17 di André Breton.

Più recentemente Melusina ha assunto una nuova immagine, divenendo un ‘modello di esistenza femminile’, e, in Danimarca, il Circolo di ricerca sulla donna ha preso Melusina come emblema. Prima di arrivare a questa metamorfosi femminista, Melusina, grazie a due caratteristiche, conquista un posto d’onore nell’immaginario europeo di ascendenza medievale. Da una parte, ella combina, all’interno dei rapporti umani ed esseri soprannaturali, il positivo e il negativo. Dapprima fate benefattrici che portano agli umani ricchezza, prole e felicità, le Melusine hanno poi assunto caratteri demoniaci.
Il celebre alchimista Paracelso, nel XVI secolo, ha lasciato ai posteri questa immagine diabolica: ‘Le Melusine sono figlie di re, disperate per i propri peccati. Satana le ha allevate e trasformate in spettri’. La seconda caratteristica vede Melusina quale elemento essenziale in una coppia: si manifesta attraverso un amante-sposo; è la realizzazione, perfetta, della coppia fata-cavaliere, con i suoi successi e i suoi fallimenti. Fata della feudalità, Melusina ha tramandato nell’immaginario europeo il senso del successo e del fallimento della società feudale e i rischi, a più lungo termine, cui va incontro la società occidentale; ad essa il cavaliere ieri, e il capitalista oggi, possono dare prestigio e riuscita, ma solo stipulando un patto con il diavolo.

Jacques Le Goff, Eroi&Meraviglie del Medioevo, Editori Laterza

 

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