L’Astrologia? ‘Non è vero ma ci credo!’.

Il detto, coniato dal grande Eduardo De Filippo, sintetizza in maniera mirabile l’atteggiamento di chiunque si sia trovato o si trovi, in prima persona, davanti a questa disciplina. Il povero Astrologo passa così dal ruolo di ‘consigliere personale’ di uomini potenti a quello di ‘jettatore’ che è bene tenere alla larga, in caso di previsioni nefaste. L’osservazione delle umane debolezze e contraddizioni è tuttavia una delle attività più divertenti ed ecco perché, cominciando dai nostri augusti progenitori di stirpe latina, voglio offrirvi una breve panoramica dei più famosi ‘non è vero ma ci credo’ della storia.
Sebbene i romani avessero fama di essere un popolo rude e guerriero, per niente incline alle mollezze e ai voli di fantasia, grazie agli scritti di Svetonio, storiografo del I secolo d.C., ci sono rimasti ritratti molto gustosi delle debolezze e superstizioni proprio di coloro che si trovavano al vertice del potere nientedimeno che i dodici Cesari. Sono stati innanzitutto questi personaggi dall’alone grandioso o crudele – spesso l’uno e l’altro – a non indietreggiare davanti a niente e a nessuno pur di conoscere l’avvenire, consultando all’occorrenza i più famosi aruspici, oracoli e astrologi del tempo.
Si narra che uno schiavo siriano, Eunus, grazie ad un consultazione astrologica, organizzasse la rivolta di 60.000 altri schiavi, assicurando loro che gli avevano letto nell’oroscopo che sarebbe divenuto re. Bastò la garanzia di questa previsione, vera o falsa che fosse, a infondere fiducia negli insorti e a farli combattere con tale coraggio contro i romani da espugnare poco dopo Enna, in Sicilia, dove Eunus fu proclamato re con il nome di Antochio.
Questo exploit fu ripetuto circa trent’anni dopo da un Astrologo greco, Athenione, improvvidamente venduto come schiavo ai romani. Anch’egli riuscì a sobillare i suoi compagni di schiavitù, giurando di aver letto nelle Stelle la sua vittoria militare. In tal modo si impadronì di Messina che restò sotto il suo dominio per ben quattro anni, fino a quando i romani (e forse le Stelle) non intervennero con forza, facendo uccidere il povero Athenione per mano del Console M. Aquillius.
Anche grazie a questi episodi i romani ben presto si resero conto che l’Astrologia poteva divenire una vera e propria arma psicologica in grado di sovvertire i vantaggi delle classi privilegiate e di provocare pericolose idee di riscatto in quelle più basse. Cominciarono così le lotte e le persecuzioni che, come al solito, ebbero l’unico risultato di rinforzare la fiducia nel responso stellare e di moltiplicare il numero di coloro che, a torto o a ragione, si autoproclamano esperti in materia.
Uno dei primi astrologi romani fu il tribuno C. S. Gallus, profondo conoscitore della lingua greca e quindi favorito nello studio della nostra disciplina. Il 21 giugno del 168 d-C- egli fu in grado di annunciare alle sue truppe che il giorno successivo vi sarebbe stata una eclissi lunare e che tale eclissi avrebbe segnato la sconfitta del nemico. L’indomani l’avvenimento celeste si verificò puntualmente; subito dopo l’esercito, galvanizzato dall’esattezza della previsione, fu lanciato nell’attacco della famosa battaglia di Pydna che segnò il crollo dello stato Macedone. La fama di Gallus era conquistata per sempre.
Dopo di lui, e per circa sei secoli, la storia ci ha lasciato un lungo elenco di astrologi latini o stranieri che praticavano la loro arte a Roma.
Il maestro di Carneade, Diogene di Babilonia, chiamato così proprio a causa della sua conoscenza dell’Astrologia caldea, scrisse numerose opere andate purtroppo perdute. Carneade però, nonostante fosse stato allievo di sì famoso maestro, contrario all’Astrologia e sfruttando la sua terribile dialettica, nel II secolo d.C. abiurò le teorie che gli avevano inculcato confutando sia l’esistenza di Dio che l’influsso stellare.
Nel 139 a.C. ebbe inizio la prima caccia alle streghe, pardon, all’astrologo, da parte dei romani inferociti che li accusavano di spillare solo denaro alla popolazione, sfruttandone le buona fede. Ma questo non bastò a sradicare l’Astrologia, oramai perfettamente fusa con l’atavica inclinazione dell’uomo al pensiero magico e capace di incutere rispetto per le sue complesse regole matematiche e astronomiche di cui ha sempre menato vanto.
A poco a poco i romani si fecero furbi e moltissimi patrizi iniziarono a praticare questa arte divinatoria con risultati tanto egregi da conquistarsi la stima dei loro contemporanei. Marco Terenzio Varrone, scrittore latino figlio di ricchi plebei e amico di Cicerone, si commentò nei più svariati generi letterari inclusa, ovviamente, l’astromantica. Secondo Plutarco, Varrone avrebbe stilato l’Oroscopo di Romolo e quello della città di Roma.
Fra gli astrologici di quel periodo vi furono ancora Quinto, fratello di Cicerone, e Capito che successivamente divenne l’astrologo di Cleopatra.
La letteratura greca e romana al servizio della disciplina stellare è vastissima ma gli autori oggi più conosciuti restano Manilio con il suo Astronomicon dedicato a Tiberio e Claudio Tolomeo. Quest’ultimo, matematico, fisico, filosofo, astronomo e astrologo del I secolo d.C., è stato definito con arguzia tutta francese da Leplace ‘uno dei più preziosi monumenti dell’antichità’.
Sebbene le sue specializzazioni e qualifiche siano state innumerevoli – fra l’altro Tolomeo era stato anche geografo e musicista – di certo egli ha ottenuta la sua imperitura celebrità col Tetrabiblos, definita come la quadri – bibbia degli astrologi nei diciotto secoli successivi. Difatti sino a circa un secolo fa è rimasta opera indiscussa, svolgendo il ruolo di vero e proprio vademecum di ogni astrologo che si rispettasse.
Così, né l’ironia di Cicerone, né i libri di Astrologia bruciati sulle pubbliche piazze per ordine di Cesare Augusto verso la fine del suo regno, riuscirono a scalfire il prestigio e l’autorità dell’Astrologia che di lì a poco doveva scontrarsi anche con il cristianesimo allora nascente.
Ma torniamo ai nostri Cesari. Pompeo, Crasso e Giulio Cesare ebbero i loro Oroscopi letti e dettagliatamente analizzati da uno dei più famosi astrologi del tempo: Publio Negidio Figulo che, tra l’altro, predisse il successo di Ottavio Ottaviano e l’impero di Augusto.
Molti di loro ebbero però un rapporto ambiguo con l’Astrologia, rapporto sempre oscillante tra la fede e il dubbio. E questa dualità ci viene evidenziata anche dal loro Oroscopo, che conosciamo benissimo grazie a Svetonio il quale, credendo fermamente negli aruspici, nella magia e nell’Astrologia, nel suo libro affiancò ai ritratti fisici, psicologici, morali e sessuali dei dodici Cesari, indicò anche le loro date di nascita e i nomi degli astrologi e matematici che ebbero il compito di prevederne il futuro.
Si narra che Cesare Augusto, piuttosto scettico in fatto di presagi, un giorno si recò insieme all’amico Agrippa da Teagenio, astrologo famoso. Dopo aver ascoltato le lusinghiere previsioni che l’Astrologo aveva fatto sul futuro di quest’ultimo, Augusto non voleva più dare i suoi dati di nascita per non rischiare di essere umiliato da previsioni più mediocri. Ma dopo l’insistenza di Agrippa, fornì i suoi dati a Teagenio aspettando il responso. Il silenzio dell’astrologo che studiava il suo Tema cominciò a preoccuparlo ma, prima che alla sua preoccupazione sopraggiungesse l’ira questi, sorprendendolo, gli si gettò ai piedi in segno di rispetto, preannunciandogli un grandioso destino.
La stessa riforma del Calendario romano, voluta da Giulio Cesare, che portò l’anno a 365 giorni solari con l’aggiunta di un giorno ogni quattro anni, fu effettuata con l’aiuto degli astrologi e matematici del tempo. Solo nel 1500 il Calendario giuliano fu corretto da Papa Gregorio, ma l’anno bisestile è rimasto, così come è rimasta eccezionale la durata della riforma del Calendario Giuliano.
Nonostante tutto, Cesare non amava molto la divinazione e nessun presagio sfavorevole gli fece mai abbandonare un suo progetto.
La morte gli fu però annunciata da segnali che non lasciavano adito a dubbi. Alcuni mesi prima, dei coloni, demolendo una tomba, vi trovarono una tavoletta con questa iscrizione in lingua greca: ‘Quando saranno scoperte le ossa di Capi (il defunto, fondatore di Capua) un discendente di Iulo morrà per mano di consanguinei e ben presto sarà vendicato da terribili disastri dell’Italia’.
E ancora: pochi giorni prima della sua uccisione ‘Cesare venne a sapere che le mandrie di cavalli che aveva consacrato al dio del fiume quando attraversò il Rubicone, si rifiutavano di nutrirsi e piangevano continuamente. Per di più, mentre era intento a offrire un sacrificio agli dei, l’aruspice Spurinna lo ammonì di fare attenzione ad un grosso pericolo che avrebbe potuto colpirlo non oltre le idi di marzo…’
Comete.jpgInfine la moglie Calpurnia sognò che crollava la sommità della casa e che Cesare veniva ucciso tra le sue braccia… In seguito a questi presagi, ma anche per il cattivo stato della sua salute, egli rimase a lungo indeciso se restare in casa e differire gli impegni che si era proposto di trattare davanti al Senato o andare; alla fine, poiché Decimo Bruto lo esortava a non privare della sua presenza i Senatori accorsi in gran numero e che già lo stavano aspettando da un po’, verso la quinta ora uscì. Camminando, prese dalle mani di uno che gli era venuto incontro un biglietto che denunciava un complotto, ma lo mise da parte come se volesse leggerlo più tardi. Poi, dopo aver fatto molti sacrifici senza ottenere presagi favorevoli, Cesare entrò in curia, e superando ogni scrupolo religioso, si prese gioco di Spurinna, accusandolo di dire il falso: ‘le Idi erano arrivate ma senza danno per lui. Spurinna però gli rispose che erano arrivate, sì, ‘ma non erano ancora passate’. Quando si diffuse la notizia della morte di Cesare, coloro che sapevano della profezia di Spurinna, attribuirono sempre più credibilità agli astrologi, e forse cominciarono a temerli, tanto più che subito dopo la sua morte apparve anche una cometa, fenomeno celeste considerato infausto, che alcuni vollero interpretare come segnale dell’anima di Giulio Cesare, che veniva accolta in Cielo.

Clara Negri, Fatti & Misfatti dell’Astrologia, Dialma Editrice, 1994